  
		  
		  +Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage,  verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel  villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro.  Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il  Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne  perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia  di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro,  figlio di una bestia da soma”». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato  loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed  egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla  strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada.  La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio  di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto  dei cieli!». Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da  agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta  Gesù, da Nàzaret di Galilea». 
		   
		    Mt (21,1-11)  
		  La passione del Signore  
		  + - Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?  
		    In quel tempo, uno   dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse:   «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta   monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare   Gesù. 
		     
		    - Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la   Pasqua?  
		    Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù   e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la   Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro   dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I   discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la   Pasqua. 
		     
		    - Uno di voi mi tradirà 
		    Venuta la sera, si mise a   tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi   mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a   domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con   me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va,   come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo   viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il   traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai   detto». 
		     
		    - Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue 
		    Ora,   mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e,   mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo».   Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti,   perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il   perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto   della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre   mio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.  
		     
		    - Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del   gregge 
		    Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di   scandalo. Sta scritto infatti: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le   pecore del gregge”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».  
		     
		    Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi   scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima   che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se   dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i   discepoli. 
		     
		    - Cominciò a provare tristezza e angoscia 
		    Allora   Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli:   «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due   figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia   anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più   avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile,   passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».  
		     
		    Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro:   «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e   pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è   debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo   calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi   venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti   pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo   le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e   riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano   ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è   vicino». 
		     
		    - Misero le mani addosso a Gesù e lo   arrestarono 
		    Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei   Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei   sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno,   dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e   disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei   qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.   Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì   il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse:   «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada,   di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che   metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora   come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In   quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete   venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a   insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si   compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono   e fuggirono. 
		     
		    - Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della   Potenza 
		    Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo   sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani.   Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo   sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a   finire. 
		     
		    I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa   testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si   fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che   affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e   ricostruirlo in tre giorni”». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non   rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva.   Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci   se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –;   anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra   della Potenza e venire sulle nubi del cielo». 
		     
		    Allora il sommo sacerdote   si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di   testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli   risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero;   altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che   ti ha colpito?». 
		     
		    - Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre   volte 
		    Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane   serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli   negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso   l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il   Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un   poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno   di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare   e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si   ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi   rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente. 
		     
		    -   Consegnarono Gesù al governatore Pilato 
		    Venuto il mattino, tutti i capi   dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo   morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al   governatore Pilato. 
		    Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era   stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi   dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue   innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora,   gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi   dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro,   perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il “Campo   del vasaio” per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato   “Campo di sangue” fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto   per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d’argento, il prezzo di   colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il   campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore». 
		     
		    - Sei tu il re   dei Giudei?  
		    Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il   governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu   lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose   nulla.  
		     
		    Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano   contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore   rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in   libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un   carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata,   Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù,   chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per   invidia. 
		     
		    Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire:   «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto   turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la   folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò   loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli   risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù,   chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che   male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia   crocifisso!». 
		     
		    Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto   aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non   sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose:   «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà   per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse   crocifisso. 
		     
		    - Salve, re dei Giudei!  
		    Allora i soldati del   governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la   truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto,   intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna   nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve,   re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo   percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli   rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.  
		     
		    -   Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni 
		    Mentre uscivano,   incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la   sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli   diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle   bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi,   seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo   scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».  
		     
		    Insieme a   lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. 
		     
		    -   Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!  
		    Quelli che passavano di lì   lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in   tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi   dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani,   facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso!   È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in   Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di   Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso   modo. 
		     
		    - Elì, Elì, lemà sabactàni?  
		    A mezzogiorno si fece buio   su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran   voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi   hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama   Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la   fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se   viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo   spirito. 
		     
		    (Qui si genuflette e si fa una breve pausa)  
		     
		    Ed   ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le   rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano   morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono   nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui   facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva,   furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di   Dio!». 
		     
		    Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse   avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di   Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di   Zebedèo. 
		     
		    - Giuseppe prese il corpo di Gesù e lo depose nel suo   sepolcro nuovo 
		    Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa,   chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò   a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse   consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo   depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata   poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte   alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria. 
		     
		    - Avete le   guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete 
		    Il   giorno seguente, quello dopo la Parascève, si riunirono presso Pilato i capi dei   sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che   quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. Ordina   dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i   suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così   quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse loro: «Avete   le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi   andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono   le guardie. 
		     
		    Mt (26,14- 27,66) 
		     
		   
		  È allo stesso tempo l’ora della luce   e l’ora delle tenebre.  
		    L’ora della luce, poiché il sacramento del Corpo e   del Sangue è stato istituito, ed è stato detto: “Io sono il pane della vita...   Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me: colui che viene a me non lo   respingerò... E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda   nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti l’ultimo giorno” (Gv 6,35-39). Come   la morte è arrivata dall’uomo così anche la risurrezione è arrivata dall’uomo,   il mondo è stato salvato per mezzo di lui. Questa è la luce della Cena.  
		    Al   contrario, la tenebra viene da Giuda. Nessuno è penetrato nel suo segreto. Si è   visto in lui un mercante di quartiere che aveva un piccolo negozio, e che non ha   sopportato il peso della sua vocazione. Egli incarnerebbe il dramma della   piccolezza umana. O, ancora, quello di un giocatore freddo e scaltro dalle   grandi ambizioni politiche.  
		    Lanza del Vasto ha fatto di lui l’incarnazione   demoniaca e disumanizzata del male.  
		    Tuttavia nessuna di queste figure   collima con quella del Giuda del Vangelo. Era un brav’uomo, come molti altri. È   stato chiamato come gli altri. Non ha capito che cosa gli si faceva fare, ma gli   altri lo capivano? Egli era annunciato dai profeti, e quello che doveva accadere   è accaduto. Giuda doveva venire, perché altrimenti come si sarebbero compiute le   Scritture? Ma sua madre l’ha forse allattato perché si dicesse di lui: “Sarebbe   stato meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”? Pietro ha rinnegato tre   volte, e Giuda ha gettato le sue monete d’argento, urlando il suo rimorso per   aver tradito un Giusto. Perché la disperazione ha avuto la meglio sul   pentimento? Giuda ha tradito, mentre Pietro che ha rinnegato Cristo è diventato   la pietra di sostegno della Chiesa. Non restò a Giuda che la corda per   impiccarsi. Perché nessuno si è interessato al pentimento di Giuda? Gesù l’ha   chiamato “amico”. È veramente lecito pensare che si trattasse di una triste   pennellata di stile, affinché sullo sfondo chiaro, il nero apparisse ancora più   nero, e il tradimento più ripugnante? Invece, se questa ipotesi sfiora il   sacrilegio, che cosa comporta allora l’averlo chiamato “amico”? L’amarezza di   una persona tradita? Eppure, se Giuda doveva esserci affinché si compissero le   Scritture, quale colpa ha commesso un uomo condannato per essere stato il figlio   della perdizione?  
		    Non chiariremo mai il mistero di Giuda, né quello del   rimorso che da solo non può cambiare nulla. Giuda Iscariota non sarà più   “complice” di nessuno.  
		     
		     
		    La liturgia di oggi ci presenta due grandi scene: la prima di gioia, l'altra di   dolore. 
		    Prima scena: l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, acclamato come   re da una folla entusiasta (Mt. 21, 1-11). I cristiani oggi, con la medesima   esultanza, si stringono al loro Signore ormai vivo per sempre in mezzo a loro.   Gesù entra nella Città Santa per affrontare la sua passione. Tale ingresso,   però, è un annuncio della vittoria strabiliante che Egli riporterà sulla morte.   I fedeli si associano a Lui e rivivranno in questi giorni il suo dramma, con lo   sguardo orientato verso il traguardo della risurrezione. Il ramoscello di palma   o di olivo- che portiamo a casa o regaliamo a qualcuno- non è un portafortuna,   ma un segno-ricordo dell'esperienza di fede in Gesù che oggi abbiamo fatto e un   richiamo a restargli fedeli. 
		    Seconda grande scena: il racconto della   passione del Signore secondo Matteo. L'evangelista ha ricevuto questa storia da   testimoni oculari, da persone ormai certe che il Crocifisso era risorto, lo   avevano incontrato, e consideravano la tragedia finale della sua vita un immenso   tesoro da non dimenticare. Riconoscevano infatti nella passione di Gesù il   compimento del disegno di Dio, annunciato nella Sacra Scrittura (cfr. es.   Is.50,4-7: I lettura). Matteo è particolarmente attento a sottolineare questo   aspetto. 
È l'interpretazione che troviamo nel grandioso inno paolino (Fil.   2,6-11: II lettura), dove la passione è vista in rapporto stretto e inseparabile   con la glorificazione di Gesù da parte del Padre. 
		   
		  E' un dono, e anche un   grande atto di saggezza, sostare in ascolto e in contemplazione davanti alla Passione del Signore. Il cuore si riempirà di   gratitudine. 
		  Nel racconto di Matteo focalizziamo l'attenzione su due momenti   estremamente significativi, che si corrispondono: la preghiera di Gesù nell'orto   degli Ulivi e il suo grido desolato sulla croce. 
		  Matteo descrive anzitutto la "passione interiore" di Gesù. Schiacciato dall'angoscia e da una   tristezza mortale, Gesù la confida al Padre nel suo dialogo solitario con Lui,   mentre i discepoli dormono: "Padre mio, se è possibile, passi via da me   questo calice!...". In questa preghiera Gesù manifesta la consapevolezza   del proprio rapporto filiale con Dio. Se Dio è suo padre, perché non lo sottrae   alla prova? Ma subito scatta la fiducia e l'abbandono senza riserve:"Però non   come voglio io, ma come vuoi tu!".Gesù è il perfetto obbediente in tutto e   prontamente. Chiede la liberazione, ma solo se questa è compatibile col disegno   del Padre:"... se è possibile...se questo calice non può passare via senza   che io lo beva, si compia la tua volontà...". Quest'ultima espressione   fa parte del "Padre Nostro", che Gesù aveva insegnato ai discepoli e che ora è   vissuto da Lui nella misura più piena ed eroica.Nella preghiera Gesù   trova la forza per superare la tentazione, rimanendo fedele a Dio e accettando   la Passione. Nella preghiera Gesù viene come trasformato: rinuncia alla sua   volontà per abbracciare, in una resa incondizionata, la volontà del Padre. Si   rivela, così, veramente Figlio di Dio, a Lui perfettamente unito   nell'amore. Anche a me Gesù chiede di ripetere con Lui al Padre, in ogni   circostanza fosse pure drammatica: "Si compia la tua volontà...ciò che tu vuoi   anch'io lo voglio!". 
		   
		  L'agonia di Gesù continua nella storia della Chiesa,   nella storia dell'umanità sofferente, nella storia di milioni di uomini   terribilmente provati nel corpo e nello spirito. In ciascuno di essi Gesù -il   quale "agonizza sino alla fine del mondo" (Pascal)- continua a implorare la   nostra attenzione, continua a ripeterci nel tentativo di scuoterci dal sonno: "Restate qui e vegliate con me...Non siete capaci di vegliare con me una   sola ora?". 
		  Solo Matteo sottolinea il "Vegliate con   me". La vigilanza è intesa come comunione con Cristo, come   condivisione della sua stessa esperienza di vita. E' difficile cancellare dal   nostro animo la scena di Gesù che, in preda a indicibile angoscia, va mendicando   un po' di compagnia per la sua solitudine. E gli amici gli hanno negato la loro   presenza vigile e amorevole. Gli amici non lo hanno capito, non hanno capito il   dramma che Egli viveva. Gli amici dormivano. Quante volte Gesù ci passa accanto   implorando un gesto di attenzione, di solidarietà, di amicizia!. E' un nostro   fratello povero, bisognoso soprattutto di affetto...E' sempre Lui, Gesù, e   noi...restiamo insensibili, continuiamo a dormire? 
		   
		  "Dio mio, Dio   mio, perché mi hai abbandonato?". Queste parole, le uniche che Matteo   -seguendo Marco- pone sulle labbra di Gesù morente, esprimono una desolazione   estrema: l'isolamento di Gesù è totale, la sua solitudine è senza misura. Anche   il Padre tace e pare abbandonarlo completamente, ritirando la sua   presenza. 
		  Gesù rivive il dramma spirituale dell'uomo giusto, oppresso, di cui   Dio sembra non ricordarsi, perché non lo protegge (cfr. es. Sal. 22 etc.: Salmo   responsoriale). 
		  Un motivo, poi, di particolare sofferenza per Gesù sta nel   fatto che la sua "causa" è la "causa" di tutti i poveri a cui si è legato, i   quali perdendo Lui perdono la speranza di risolvere la loro situazione. Dio non   interviene e sembra, così, smentire, anzi condannare tutto l'impegno di Gesù per   i poveri, mostrando che la sua approvazione va ai capi del popolo che lo hanno   mandato a morte. 
		  Di più, Gesù vive il dramma unico del "figlio" che si sente   abbandonato da colui che egli considerava e chiamava il suo "Abba" (=papà): la   sua morte, allora, è vista come la rovina e il fallimento della "causa" stessa   di Dio. 
		  Ma, più profondamente ancora, la ragione ultima espressa nel grido di   Gesù dovremmo ricercarla nella sua scelta di spingere la sua solidarietà con gli   uomini peccatori fino alle estreme conseguenze. Fino al punto, cioè, di   sperimentare, di assaporare l'abisso della lontananza da Dio in cui si trovano   gli uomini che sono preda del peccato. Durante l'esistenza terrena essi forse   non avvertono, a un livello di coscienza riflessa, questo mostruoso stato di   separazione da Dio e quindi di morte. Lui, Gesù, lo ha condiviso e vissuto con   tragica lucidità, trasformandolo però in amore. "Mentre si identifica col   nostro peccato, "abbandonato" dal Padre, Egli "si abbandona" nelle mani del   Padre" (NMI 26). Così Gesù, gridando sulla croce, fa suo il grido di tutti i   poveri, sofferenti, oppressi della storia. Fa suo il grido dell'umanità infelice   e lo lancia verso Dio. Non un grido di disperazione, ma di sconfinata fiducia. "Il grido di Gesù sulla croce...non tradisce l'angoscia di un disperato, ma   la preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre nell'amore, per la   salvezza di tutti" (NMI 26). 
		  Gesù in croce appare come il Povero per   eccellenza, il quale riassume in sé tutto il dolore che, dall'ingresso del   peccato nel mondo, ha travagliato l'umanità. Sulla croce c'è il Dolore:   ecco perché ogni uomo che soffre richiama quasi naturalmente il Crocifisso. Ma   -ed è paradossalmente l'altra faccia della stessa realtà- sulla croce c'è l'Amore. 		  "Non i chiodi tennero Gesù sulla croce, ma l'amore" (Santa Caterina da Siena). 		  "Se gli angeli potessero invidiare gli uomini,   lo farebbero per due motivi: primo, perché Dio ha patito per loro; secondo,   perché gli uomini possono patire per Dio" (San Francesco di Sales).   Potremmo precisare: "patire col Figlio di Dio". Non soltanto riconoscere   il suo "volto dolente" in ogni uomo che soffre. Ma, ogni volta che tu soffri,   puoi scoprire accanto a te il Crocifisso che ti chiama: Soffri con me, stringiti   a me, unisci la tua pena alla mia. Lascia che io ti associ al mio dolore e possa   soffrire in te e con te. Così la tua sofferenza acquisterà l'efficacia redentiva   della mia passione. 
		   
		  Lungo la settimana troverò il tempo per sostare   ancora davanti alla tragica sequenza che il Vangelo oggi ci presenta, e in   particolare davanti alle due scene sopra riportate. Contemplando, mi sentirò   coinvolto e mi verrà da dire: tutto questo Gesù lo ha fatto per me, pensando a   me! Lo ringrazierò. Gli chiederò anche che cosa si aspetta da me come risposta   al suo amore. 
		   
		  "Ascolta chi è stato crocifisso, 
		    Ascoltalo parlare   al tuo cuore, 
		    Ascoltalo, Lui che ti dice: 
		    Tu vali molto per me" (Giovanni Paolo II)  
		  Tratto da www.lachiesa.it   |