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Giuseppe Mani sulla Quaresima 2008


Mio Dio e mio tutto

Cos’è la Quaresima?
“È il Ramadan dei cristiani” mi ha risposto un giovane. Non è assolutamente vero. È tutta un’altra cosa.
La Chiesa ci precisa subito che la Quaresima è un combattimento contro lo spirito del male. Quindi una vera e propria guerra, una lotta. Con buona pace di tutti i pacifismi si va finalmente in guerra contro il male. S. Benedetto dice che “la vita del monaco dovrebbe essere tutta una Quaresima” perché tutta la vita del cristiano è una lotta contro il male. “Ma poiché – continua S. Benedetto – questa virtù è di pochi, raccomandiamo almeno in questi giorni di Quaresima” (Regola cap. 49).
Quali sono le armi per la guerra? La penitenza espressa dal digiuno. Eccoci arrivati ad un argomento di attualità: il digiuno. Perché i santi, soprattutto quelli rappresentati dalle icone orientali sono tutti sottopeso? Tutta gente magrissima, come pure i santi di Giotto, del Beato Angelico.
Perché il digiuno è parte integrante della spiritualità. Vorei subito dire che il digiuno non è una tradizione della Chiesa oramai superata. Assolutamente no. Esso si fonda sulla Scrittura, dove il digiuno è esaltato ma soprattutto praticato abitualmente da Gesù che è modello di tutto.
Ci sono tanti motivi umani per digiunare. Sappiamo che la prima regola per vivere a lungo è mangiare poco e muoversi molto. Non parliamo poi della dimensione estetica. Mia mamma diceva di non avere mai sentito dire “bello secco” ma “bello grasso”. Ma ormai è smentita da tutta la moda attuale.
Dallo spazio che viene dato nei mass media, credo che i problemi dietetici siano tra i più sentiti.
Il digiuno cristiano è una cosa seria e non ha nulla a che vedere con tutto questo. La ragione profonda del digiuno è dire con tutto il proprio essere, anche col corpo, che abbiamo fame e sete di Lui.
Il digiuno è una parola esistenziale, non soltanto verbale. È tutto l’essere del cristiano che è famelico di Dio. “L’anima mia ha sete del Dio vivente”, “Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio che è nei cieli”, dice Gesù. Il digiuno è frutto di tensione e produce tensione, Non è concepibile un lavoro serio, una gara sportiva dopo un pranzo abbondante. S. Paolo presenta l’atleta “che si astiene da tutto” come modello cristiano. La tensione, nel senso che tutto l’essere deve tendere, è verso Dio e soltanto rivolta a Lui. Quando il cuore dell’uomo arde di qualche grande desiderio, per prima cosa cessa di cibarsi o si limita allo stretto necessario per la sopravvivenza. Non si può desiderare nella piena sazietà. Se il digiuno è quindi un test di quanto desideriamo Dio è anche una preghiera, è il modo per dirgli quanto lo desideriamo. Facendo a meno del cibo diciamo a Dio che Lui è per noi più importante. Vegliando in preghiera gli diciamo che Lui è più importante del sonno. Astenendoci dalle legittime soddisfazioni e dai legittimi piaceri gli diciamo che Lui è la nostra gioia e che possedendo Lui si possiede tutto. Ma anche astenendosi dal matrimonio “per il regno di Dio” gli diciamo che Lui è più importante della moglie, del marito e della stessa famiglia. In una parola è dirgli “mio Dio e mio tutto”.
Ed è in questo esercizio del digiuno che si realizza quella “lotta” contro lo Spirito del male” di cui parla la liturgia. Il digiuno non è però limitato al cibo e alle bevande, ma anche a tutti quegli interessi effimeri che non sono legati ai nostri doveri e non riguardano Dio. Far digiunare la curiosità e un bell’esercizio che si estende su vasto raggio dalle informazioni, nelle notizie, ai pettegolezzi. Splendido esercizio di libertà è non dipendere dalla televisione, dai giornali, dalle frequentazioni inutili con quelli che sanno sempre “l’ultima”. Anche perché con le tecniche moderne riescono a convincerci di essere indispensabili, mentre – appunto – l’unico indispensabile è Dio. Tutto questo combattimento contro lo spirito del male – ovviamente – deve avvenire nell’assoluta riservatezza. Il Vangelo addirittura consiglia di profumarsi il capo per non capire che si sta digiunando, altrimenti si digiuna come Pannella. Lo stile atletico dell’uomo del Vangelo, la sua sete di Dio e la sua ricerca appassionata di Lui mal sono espresse dalla figura del ricco epulone che “banchettava lautamente”. La lotta quaresimale con le armi del digiuno ci farà scoprire il nemico sempre in agguato e farà riemergere in noi la nostalgia di Dio.

Giuseppe Mani


Prego, dunque sono


Parliamo di armi. La scorsa settimana abbiamo detto che la Quaresima è “un combattimento contro lo spirito del male”, ed abbiamo ricevuto la prima arma per combattere: il digiuno. Con la speranza che quest’arma non sia già stata deposta, impugniamo la seconda: la preghiera.
Si tratta di un’arma molto potente a condizione che sia vera, non contraffatta. Il nemico può giocare un brutto tiro, mettere nelle nostre mani armi inefficaci. E una di quelle che più facilmente possono essere contraffatte è la preghiera. Capita di incontrare persone che pregano molto e che hanno un comportamento tutt’altro che cristiano. Vuol dire che pregano male. Teresa d’Avila lo diceva chiaramente: “ O smetto di pregare o cambio vita”. La vera preghiera costringe alla conversione. Ecco perché è un’arma contro lo spirito del male.
Cosa vuol dire pregare? Non vuol dire stare con noi stessi, anche perché il peggiore interlocutore è il nostro io, ma stare con Dio. Pregare vuol dire mettersi in contatto con Dio, ascoltarlo e conversare con Lui. Ecco perché la preghiera è il più grande atto di fede: perché si esercita la fede in Dio mettendoci e sentendoci alla sua presenza in condizione di docilità e di ascolto. Chi prega veramente a lungo ha molta fede perché è in grado di mantenersi alla sua presenza e resistere alle sue esigenze. Pregare fa bene. Ripeto: a condizione che si tratti di preghiera vera. Se fosse soltanto uno stare con se stessi, un conversare col proprio io potrebbe essere addirittura dannoso.
Un simile esercizio produrrebbe effetti nefasti. Quanta gente si inventa una vita che non esiste, dei nemici che non esistono e gli fa la guerra. Credo che i guai immaginari siano superiori a quelli reali. È un modo per farsi male. È il classico autolesionismo. Ecco perché coloro che dedicano tutta la loro vita alla preghiera, come i contemplativi, devono liberarsi da se stesi ed avere una psicologia a prova di bomba.
Pregare veramente fa bene. Significa incontrarsi personalmente con l’amore assoluto, con colui che ha dato la vita per me, che desidera soprattutto perdonarmi da ogni colpa e liberarmi da ogni male per fare di me il capolavoro che si era immaginato quando mi ha creato. E mi suggerisce, perché Dio non urla, quegli orientamenti sicuri che rappresentano la mia salvezza  e la mi piena realizzazione. Mi ricorda tutto quello che Gesù ha detto per me nel suo Vangelo, personalizzandolo alla mia situazione. E Dio vuole una mia reazione. Vuole che reagisca, non che sia amorfo e indifferente. Come con Giacobbe permette che io lotti con Lui ed accetta volentieri questa lotta, disponibile a perderla se l’alternativa alla sua volontà è ugualmente buona, o disponibile a deviare la storia per il bene dei suoi figli. È per questo che la Chiesa non si stanca mai di pregare perché sa bene che la sua forza ed efficacia è soprattutto nella preghiera che accompagna la nostra azione. Giorgio La Pira dichiarò con molta semplicità al Cremino: “Ho una potenza più grande della bomba atomica: ho la preghiera”.
Solo l’esperienza della preghiera ci rivela il volto del vero Dio che non è un Signore immobile nell’aspettarci alla fine di una vita laboriosa per darci la paga che ci meritiamo. No: il vero Dio trova la sua delizia nell’essere con i figli degli uomini. Partecipare alla loro vita. Orientare la storia per il loro bene ed essere il partner di ciascuno.
Quando diventiamo più indisciplinati ci manda anche la Madonna, sempre in punta di piedi naturalmente, come avvenne centocinquanta anni fa a Lourdes, a rimetterci nella giusta rotta ed a suggerirci i due elementi portanti della vita cristiana: la preghiera e la Croce: Essere cristiani infatti significa essenzialmente portare volentieri ogni giorno la Croce e coinvolgere a pieno Dio nella propria vita. Anche per la preghiera, Dio esprime la stessa preoccupazione che per il digiuno: che nessuno ti veda. Anzi, quando preghi, chiudi la porta dietro di te e parla col Padre tuo e il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà. Essenzialmente Dio ci dice che vuole udienza quando siamo soli, non vuol disturbatori, vuol parlare al cuore. La Quaresima è il tempo privilegiato per dare udienza a Dio. Apriamogli la porta, facciamolo entrare nella nostra vita…la trasformerà.

Giuseppe Mani


Tratto da "Il Portico", anno V n.7, "Prego, dunque sono "


Soltanto per amore

La terza arma per il combattimento spirituale della Quaresima, dopo il digiuno e la preghiera è la carità fraterna. Veramente sembra un pò originale parlare dell'amore come un'arma. Esso è monopolio dei pacifisti e le armi dell'esercito. Invece quando si tratta del vero amore cristiano non è così. Anzi, delle tre armi, quella della carità - se è impegno dell'uomo - è soprattutto dono di Dio. E' facile capirlo: quanto è difficile voler bene a tutti! Amare poi come noi stessi supera le forze. Amare i nemici, cioè perdonare, soprattutto se si tratta di certe offese è umanamente impossibile. I nemici non si amano, si odiano. Altrimenti che nemici sono? Si amano gli amici, non i nemici.
Per il cristiano non ci sono nè amici nè nemici, ma siamo tutti fratelli. E' evidente che per entrare in questa logica ci vuole una particolare grazia di Dio. E questa è proprio la carità che è dono di Dio, ma anche impegno dell'uomo. Potremo dire che Dio ci dona quest'arma e noi volentieri la indossiamo, ci fa questo dono se rivestiamo le armi della preghiera e del digiuno. Infatti, dalle esigenze espresse da Gesù stesso possiamo dedurre che cristiano è colui che porta quotidianamente la propria croce e lo segue. Il che vuol dire che fa penitenza e sta con Lui. Al cristiano, a colui che lo segue, fa il dono della carità e dell'amore che supera le capacità umane, le trascende, e rende l'uomo simile a Dio che è amore. Il cristiano perfetto è colui che è diventato amore. Se la sua preghiera e la sua penitenza non producono quest'effetto, o non sono autentiche o ancora sono allo stato incipiente.
C'è chi pensa che la santità sia una strana situazione per chi fa delle particolari scelte di vita. Non sono pochi quelli che pensano che per farsi santi è necessario chiudersi in un eremo.
Mi ha molto colpito uno scritto rinvenuto in un antico codice di Camaldoli che delinea i momenti della perfezione cristiana. Lo cito in latino perchè è troppo bello."Noviter venientibus de saeculo, desiderabile coendium; maturis vero et Deum vivum sitientibus aura solitudo, cupientibus dissolvi ed esse cum Cristo evangelium paganorum". Per coloro che vengono dal mondo, al vita comune del monastero; per quelli maturi che hanno sete del Dio vivo, l'eremo; per coloro che desiderano morire per essere con Cristo, l'annuncio del Vangelo ai pagani.
La carità è il vertice della perfezione. E' il segno della presenza della santità cristiana in una persona. Anche se uno parlasse tutte le lingue, facesse profezie, rivelasse il futuro, facesse i miracoli, distribuisse tutti i suoi beni ai poveri se non ha la carità non giova a nulla. Vale anche per coloro che vogliono cambiare il mondo e riformare la Chiesa: se non hanno la carità, non serve a nulla. Perchè quest'assolutizzazione della carità? Perchè Dio è Amore. E il cristiano deve scommettere sull'amore fino alla follia che è addirittura l'amore dei nemici. Quanti problemi però suscita l'amore. Di quale amore si tratta? Ovviamente dell'amore cristiano: secondo Dio, non secondo gli uomini. Quindi di un amore intelligente che cerca il vero bene dell'altro. Di un amore liberante, non possessivo o omicida, in una parola, che da eros si trasforma in agape, per dirla con Benedetto XVI.
E la differenza tra l'amore dell'uomo e l'amore di Dio è tutta qui. L'amore umano è sempre un "do ut des", un rapporto di compravendita. Io ti dò amore e tu mi restituisci amore. Mentre l'amore di Dio è sempre ed esclusivamente puro dono. E' Gesù che lo dice: "Se fate del bene a coloro che vi restituscono, che merito ne avrete?". Per donare sempre, bisogna essere come un canale collegato ad una sorgente. E la sorgente inesauribile di amore e Dio. Ecco perchè non è possibile questo amore senza la preghiera e la condivisione della Croce di Cristo. Con queste tre armi si può affrontare la Quaresima. Anche per la carità vale la legge delle prime due: che nessuno lo sappia. Gesù usa un termine così chiaro da diventare detto comune: "Non sappia la sinistra ciò che fa la destra". Anche su questo, vivendo nel mondo delle immagini, sorge l'obiezione "se non si vede è inutile farlo". Ci sono enti che, quando fanno beneficenza, mettono la condizione che sia data visibilità al donatore. L'unica cosa importante è che veda Dio, perchè Lui darà la ricompensa, superiore a quella degli altri.

Giuseppe Mani

Tratto da "Il Portico", anno V n.8, "Soltanto per amore "