Don Elenio Abis, sabato 27 settembre riceverà la Sacra Ordinazione Sacerdotale, nella cattedrale di Cagliari e domenica celebrerà, nella nostra parrocchia, la sua prima Messa.  
            Ho incontrato don Elenio,  la sua mamma la signora Degnamerita e Don Ignazio e ho posto loro alcune domande. Ringrazio tutti e tre, anche a nome di tutta la comunità di San Pietro, per la loro disponibilità e per essersi raccontati senza riserve.  
            Noi parrocchiani ringraziamo Don Elenio per la speranza che dà ad ognuno di noi e per l'esempio che ci propone. Non è da tutti rispondere alla chiamata del Signore, abbandonarsi totalmente nelle sue mani e dedicare la propria vita ad un progetto tanto grande. Gli auguriamo di proseguire il suo cammino di fede e di pace e di diventare, come desidera, un sacerdote santo.  
              
                 
             Ricordi chi è stato il primo ad educarti alla fede e come hai  conosciuto Gesù Cristo? 
              I primi educatori alla fede sono  stati sicuramente i miei genitori, in particolare mia mamma, come tutte le  mamme che sin da piccoli insegnano ai loro figli le prime preghiere, l’Ave  Maria, il Padre Nostro, l’Angelo di Dio.  
Da quella che è la culla, ossia la  famiglia, si passa alla parrocchia, ai catechisti e ai parroci che ho avuto e successivamente  in seminario dove ho approfondito questa conoscenza e questa amicizia con Gesù  Cristo, perché prima di essere sacerdoti si è cristiani, primi di essere  cristiani si è uomini e ogni tappa ha il luogo dove apprendere le nozioni della  fede. Posso dire che la famiglia è stata il mio primo seminario. 
             
            Come e quando hai scoperto la tua vocazione e hai sentito di voler  diventare sacerdote? 
               Naturalmente alla domanda che si  fa sin da bambini “Cosa voi fare da  grande?”, ho sempre risposto “il  sacerdote”.  Non ho mai risposto  altro e forse era un pio desiderio da bambino, sicuramente non sapendo che cosa  volesse dire, però già il fatto di dire “voglio  diventare sacerdote”, certamente questo desiderio forte il Signore l’ha  posto nel mio cuore sin da bambino. 
              Scoprendo pian piano, e questo è successo  in parrocchia, il fascino della vita sacerdotale attraverso l’esempio di una  persona che era il mio parroco Don Giosuè Angioni, che ora è in paradiso, ho  capito che il Signore mi voleva sacerdote diocesano e forse non sposato a  formare una famiglia.   
              Da qui la scelta,  curata in parrocchia grazie anche ai sacerdoti, in particolare a un viceparroco  don Alessandro Simula che mi propose l’esperienza del cosiddetto preseminario, una  volta al mese, per verificare se i sintomi di questa “malattia strana”  che è la vocazione erano davvero sintomi giusti.  
              In seguito la decisione in  prima liceo di entrare in seminario. Qui inizia davvero un’ avventura che è il  discernimento vocazionale dove mi sono messo nelle mani della Chiesa che è Madre  e Maestra, e discerne appunto il cammino di un ragazzo che chiede di diventare  sacerdote, seguito dai formatori per giungere al passo della “scelta  tendenzialmente definitiva” così chiamata nei documenti della chiesa. 
            Come hai capito che si trattava della chiamata? Si sente una voce, si  prova un’emozione particolare? Cosa   avviene dentro di te? 
               Porto nel cuore naturalmente quel  brano che tutti conoscono che è la chiamata di Samuele, che sente questa voce e  pensa che sia il sacerdote Eli che lo chiama, invece è la voce di Dio che parla.   In seguito il sacerdote capisce che è  Dio che parla a Samuele e gli dice: “La  prossima volta che lo senti digli, eccomi Signore parla perché il tuo servo ti ascolta”.   
              Questo ha sempre un pò accompagnato sia il mio cammino di chierichetto poi da ragazzo impegnato in parrocchia.  
              Questa voce si può capire  soltanto in una relazione profonda con Cristo, quindi nella preghiera; solo se stai cuore a cuore con Lui,  faccia a faccia con Dio,  in questo incontro  capisci  davvero cosa il Signore vuole da te. Se  ti metti in ascolto, quindi c’è una base che è  fatta di silenzio, per far parlare lui e tu devi solo ascoltare, capisci cosa  il Signore ti chiede. 
              Anche quando  questa “voce” forse si far sentir meno non è lui che viene meno alla  chiamata  ma siamo noi che talvolta  chiudiamo un pò di più le orecchie del nostro cuore e non sentiamo quella voce,  però questa proposta talmente affascinante ti dà la forza di ributtarti nelle  mani di Dio per dire “Eccomi Signore fa  di me ciò che tu vuoi”. 
            Quando hai iniziato gli studi in seminario? 
              Ho iniziato gli studi in  seminario in seconda liceo, sono entrato in seminario il 15 settembre del 1999;  eravamo alle porte del Grande Giubileo del 2000, è stato un anno splendido.In  seminario tutto l’anno era impostato sul Giubileo, il viaggio a  Roma, l’incontro con Giovanni Poalo II,  la giornata mondiale dei giovani a Tor Vergata  a cui ho partecipato, è stata un esperienza favolosa.  
               Ho fatto tre anni li e poi  mi sono maturato al liceo classico dei salesiani.  Sono entrato in seminario regionale dove ho fatto  i primi due anni di filosofia e ho iniziato poi la teologia.  
              L’arcivescovo  monsignor Mani mi ha nominato animatore del Seminario Minore, quindi  accompagnavo, come fratello maggiore, i ragazzi liceali in questa esperienza di  amicizia con Cristo attraverso il gioco, lo studio, la vita comunitaria.  In seguito sono stato mandato a Roma a  concludere gli studi di teologia  e ho  iniziato la licenza in teologia morale all’Accademia Alfonsiana e dopo  l’ordinazione ripartirò per l’ultimo anno.  
              Rientrerò definitivamente a Cagliari,  una volta conclusi, a Dio piacendo, gli studi di specializzazione.  
            Qual è stata la reazione della tua famiglia? Hanno accettato fin  dall’inizio la tua vocazione? 
  Io sarei voluto entrare in  seminario dalla prima media perché il seminario minore iniziava dalla prima  media  ma i miei genitori hanno ritenuto opportuno non  farmi entrare sin da allora perché ero troppo piccolo e forse perché “la  perdita di un figlio” per entrare in seminario un pò spaventava e quindi sono  rimasto a casa, frequentavo la parrocchia e successivamente ho iniziato  l’esperienza del preseminario. 
  In tutti questi anni con la  famiglia, con i miei genitori in particolare c’era il confrontarci sulla mia  scelta:  mio padre è sempre stato  d’accordo anche perché diceva che tutto ciò di bene che potevamo fare e ci  rendeva felici, rendeva felice anche lui; mia madre non era contraria ma molto  più calma nei confronti della mia scelta, molto più riflessiva non mi metteva i  bastoni fra le ruote però voleva vederci chiaro.  
              In prima liceo ho preso la  decisione, abbastanza improvvisa, di lasciare tutto ed entrare il seminario. 
              All’inizio, quando l'ho comunicato,  si è creato il silenzio in casa per diversi giorni. 
              I miei fratelli, anche se nell’aria girava questa notizia, sono rimasti molto sorpresi forse perché non  pensavano che avrei avuto il coraggio di scegliere la strada che il Signore mi  proponeva.  
            Come si svolge una giornata in seminario e quali sono per te i momenti  più significativi? 
              La giornata in seminario è  scandita dagli orari, dalla campana e dai momenti di preghiera.  
              Il culmine è la  celebrazione dell’eucaristia, il seminarista   inizia a gustare dai banchi quella che sarà la sua vita futura infatti i  ministeri che riceviamo, il lettorato, l’accolitato, il diaconato, fanno avvicinare  alla meta ultima, quella del sacerdozio.   Con questi passi, in tutta la sua intelligenza di Madre e Maestra la Chiesa  forma il candidato all’ordine sacro.  
  La giornata del seminarista è quindi  scandita dalla preghiera, dallo studio, dalla formazione umana e culturale e da  momenti di vita fraterna; il vivere in comunità e il confronto con gli altri ti  fanno scoprire sempre più te stesso, nei limiti ma anche nei pregi. 
  Importantissima è la figura dei  formatori e un’altra figura di grande rilievo è quella del padre spirituale, al  quale bisogna dire tutto perché ti conosca come un libro aperto per capire  quale disegno il Signore ha fatto per te.  
  Ho vissuto l’esperienza  pastorale, ho fatto molta attività vocazionale in giro per le parrocchie, con i  seminaristi, quindi incontravo i giovani. Ho sperimentato l’esperienza parrocchiale,  sono stato un anno a Senorbì, un anno anche nella mia parrocchia da seminarista,  a fianco al parroco per conoscere veramente la realtà della parrocchia, dove hai  davanti il bambino che nasce e deve essere battezzato, la comunione, la  confessione, tutti i sacramenti, la preparazione agli sposi, il catechismo, i  sofferenti, i malati, i giovani e gli anziani, un ventaglio davvero aperto per  la formazione non solo pastorale ma anche intellettuale. Tutto questo va di pari passo con la pratica, devi portare agli  altri Cristo nella maniera più bella possibile e per ognuno forse diversa,  perché al bambino lo proponi in un modo, all’adulto in un altro. 
            C’è stato un evento che ha segnato particolarmente il tuo percorso? 
              La malattia ha bussato alla porta  della mia casa quando mio padre ha scoperto di essere malato di leucemia, io  ero soltanto in prima teologia e posso dire il Signore mi ha fatto la grazia di  segnare tutto il mio percorso formativo accompagnato dalla malattia di mio  padre.  
              Certamente una prova molto  difficile, lui godrà dal cielo questi momenti, ma posso dire che il Signore permette  la piaga ma la fascia, consola, risana e quindi allo stesso tempo non mi ha mai  fatto mancare niente, la bontà e la provvidenza di Dio non sono mai mancate, non  solo a me ma anche a tutta la mia famiglia, con la quale ho vissuto questo accompagnare  mio padre nella malattia.  
              Naturalmente ha segnato la mia  formazione, posso dire che mio padre è diventato un altro formatore, insieme a  quelli che già avevo in seminario, con la sua vita semplice, umile e soprattutto  nella malattia,  esempio grandissimo di abbandono  nelle mani di Dio più totale. 
              Però anche vicino a una persona  malata sofferente ho sperimentato fin dai quei momenti quello che è il  ministero del sacerdote, ministro della consolazione; i sofferenti sono una  fascia privilegiata per un sacerdote perché il Signore è vicino a chi ha il  cuore ferito.  
              Il Signore quando fa un grande dono,  e sicuramente la vocazione in una famiglia è un grande dono, chiede anche qualcosa.  Certo è difficile dire che mi ha chiesto mio padre, però il Signore mi ha fatto  sentire ancor di più la sua paternità, e nello stesso tempo anche la presenza  di  mio padre che ha fatto davvero una  morte santa e dal cielo, come tutte le anime che sono in paradiso, continua a guidare  sia la mia famiglia sia il mio cammino e sicuramente sarà l’angelo che guiderà  il mio ministero sacerdotale.  
            Hai avuto dubbi o periodi di crisi e se si come hai superato questi  momenti e con l’aiuto di chi? 
              Chi dice che non ha crisi e prove  è un bugiardo, perché come nella vita matrimoniale, così nella vita di speciale  consacrazione per un seminarista e per un sacerdote ci sono i momenti di prova e di dubbio. Con l’aiuto dei formatori,  degli amici e del padre spirituale, questa figura importantissima nella vita di  ogni cristiano ma più in particolare nella vita del chiamato, si deve capire veramente a cosa il Signore ci chiama.  
              La proposta meravigliosa di Cristo   mi ha sempre affascinato, e quindi se  il momento di prova mi poteva portare forse a chiedermi “Sto facendo bene?”, arrivava subito questa ventata di voglia di  seguire ancora di più il Signore. 
              Non ci si deve scandalizzare  quando una persona è perplessa soprattutto davanti a una chiamata che, come  diceva Giovanni Paolo II,  è dono ma è  mistero. 
            Non ti mancherà una famiglia, dei figli? Gli amici che spazio avranno  nella tua vita? 
              Devo dire che nel discernimento  ho pensato tante volte, quando riflettevo con i superiori e i formatori e  discernevo la vocazione all’ordine sacro, se il Signore mi chiamava veramente al  sacerdozio oppure alla vita matrimoniale.  
              L’ ho messa in conto non si esclude  niente a priori e pensavo che avrei potuto avere una moglie, dei figli, ma il Signore  mi proponeva di avere molti più figli, dandomi completamente a lui. Questo l’ho  sperimentato ovunque sia stato, in tutte le mie esperienze di pastorale, anche  all’estero, in tutte le persone che il Signore ti pone accanto, riconosci quel  centuplo che Gesù ha promesso “Voi avete  lasciato tanto, le vostre famiglie, gli affetti, io vi   darò il centuplo su questa terra e l’eredità nel regno dei cieli”.  Ecco, il centuplo su questa terra, il  Signore, me l’ha fatto sperimentare con tanta abbondanza di grazia ma  soprattutto come tante persone splendide che mi ha posto accanto nei vari  luoghi dove sono stato, anche con gli amici di Pirri, di famiglia, della parrocchia,  che non mi hanno mai abbandonato anche quando sono partito a Roma, nei momenti di  difficili, di prova.   
              La lontananza non è  qualcosa che fa dimenticare le persone; c’è  il ponte bellissimo della preghiera a cui  davvero credo tanto, a cui sono legato che unisce le persone nonostante la lontananza. La vera amicizia l’ho  sperimentata sempre facendola partire da Cristo e facendola ritornare a Cristo  attraverso la preghiera. Voler bene a una persona, voler bene ad un amico è volere  il suo bene, raccomandarla completamente al Signore per dirgli:  “Tieni  le mani sulla testa di questa persona” e  questo vale per tutti coloro che conosco e per  coloro che incontrerò nel mio cammino. 
              Spero  che incontrandomi non incontrino  Elenio ma l’uomo di Dio, l’uomo del mistero. Il sacerdote è Alter Christus, un  altro Cristo in persona, fa tutto in Persona  Christi e chi lo incontra deve  poter dire “Ecco quello è veramente innamorato  di Dio.  
            Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole intraprendere il tuo stesso  cammino? 
              Ad un giovane che vuole  intraprendere il mio cammino direi “buttati  completamente”. Lo dico con un’immagine: sei su una montagna e sei pronto a  buttarti nel buio, all’inizio non sai chi ti prende, però c’è qualcuno che ti  raccoglie.   
               Questa è la bellissima immagine di  Dio piena di mistero, però c’è, e quindi ripeto, anche a pochi giorni dalla  visita del Santo Padre a Cagliari, “Dio  non toglie nulla anzi ci da tutto” e ancora di più a chi si da  completamente a lui.  
              Darsi completamente a lui vuol  dire essere vero uomo, vero cristiano  e  solo così si può essere veri sacerdoti, bisogna essere se stessi e imparar ad  essere e non a fare, quello viene dopo.   
              Questi sono i  consigli che darei a un giovane e  soprattutto, mettersi nelle mani della Chiesa,  che come ho già detto  è Madre e Maestra e discerne con grande intelligenza  la chiamata che il Signore ha rivolto a un ragazzo, per vedere se è veramente  deciso ad intraprendere quello che il Signore gli ha chiesto. 
            Che sacerdote sarai? 
              Non lo so, vorrei essere un sacerdote  santo perché se il sacerdote è santo anche quelli che gli si avvicinano saranno  santi!  
              Il sacerdote deve essere per forza santo, la  responsabilità è grande e il Signore, come diceva il beato Giovanni XXIII “non tolga mai le mani da sopra la nostra  testa e noi non togliamo mai la testa da sotto le mani di Dio”. 
              Gli esempi dei santi sono davvero  splendidi però il nostro unico modello è Cristo che è il vero ed eterno  sacerdote e vorrei che la mia vita fosse conformata in tutto e per tutto a Lui. 
            Perché credi che Dio ti abbia scelto? 
  “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi”.   Non lo so, non ero sicuramente il più bravo  di casa, quello pieno di doti, di pregi; come dicevo prima la vocazione è dono e  bisogna saperla cogliere, il Signore prima di me ha scelto tutti gli apostoli,  erano dei poveri pescatori e ne ha fatto da  pescatori di pesci pescatori di uomini. La vocazione è sempre gratuita viene  dal profondo amore di Cristo. 
              Spesso mi sono chiesto: “Perché proprio io Signore?” Forse la  riposta la riceverò solo quando mi presenterò davanti a Lui, spero in paradiso.  
              Riconosco questa gratuità e grande  bontà di Dio che mi ha chiamato ad essere amico dello sposo ad aiutarlo ad  essere pastore dei pastori;  noi siamo  pastori che continuiamo quest’opera di pascolare il gregge, vegliare sul gregge  e sacrificarci per il gregge. Queste cose le richiede non a persone speciali ma  è Lui che, con speciale predilezione, sceglie e quindi non saprei perché ha  scelto me. 
             
                
               
            Com’era Don Elenio da  bambino? 
               Elenio era molto buono, era molto  coccolato perché è arrivato dopo 8 anni, i fratelli aspettavano una  femminuccia, però quando è arrivato siamo rimasti tutti contenti. 
              Anche  all’asilo era molto obbediente, non piangeva mai, mi dicevano che era maturo,  preferiva la compagnia degli adulti, faceva già ragionamenti più seri rispetto  ai bambini della sua età. Stava sempre appresso alla sua suora, suor Anna Paola  e anche quando è andato a scuola la maestra mi diceva che era troppo serio. 
               
               
              Cosa ricorda del suo battesimo e   della sua prima comunione? 
               Il battesimo è stato bellissimo,  Don Ignazio giovanissimo, ci è venuto incontro fino alla porta e poi ero  contentissima perché gli altri battezzandi erano in braccio alle madrine mentre  Elenio è rimasto tutto il tempo in braccio a me. 
              Anche la comunione mi era  piaciuta moltissimo, per lui era un momento importante anche perché voleva fare  il chierichetto e don Giosuè Angioni faceva fare i chierichetti solo ai bambini  che avevano fatto la prima comunione.  
              Tutti ci accorgevamo che seguiva molto la messa  e a casa commentava il Vangelo e spiegava la predica e  se non mi ricordavo qualche passo mi diceva “ Mamma c’eri anche tu in chiesa!”  
              Mi ricordo che Don Angioni aveva  chiesto a tutti i bambini che volevano fare i chierichetti, una volta fatta la  comunione, di alzare la mano. Elenio non l’aveva alzata, allora durante la  preparazione la catechista gli aveva chiesto: “Ma Elenio, tu non vuoi farlo il chierichetto?” e lui aveva risposto: “Io voglio fare il sacerdote”. 
              Già da bambino si comprava le  ostie, quelle che gli dava Don Angioni non bastavano perché “celebrava  in continuazione”. Quando mio marito faceva il turno la sera e rientrava tardi  da lavoro, la mattina restava a letto qualche minuto in più, allora Elenio andava dal  papà e gli diceva “Papà devo fare la  messa, te la porto la comunione? E il papà, a cui piacevano molto le ostie,  gli rispondeva: “Va bene, portami la comunione”.  
             
                Come avete reagito quando vi ha comunicato di voler entrare in  seminario e seguire questo difficile cammino? 
                  Non ce l’ha mai comunicato perché  l’abbiamo sempre saputo, mi fanno sempre questa domanda. 
              Siamo cresciuti anche noi con  lui, con questa vocazione. 
              A volte a casa assieme a mio marito, tutti insieme  si giocava la schedina, tutti collaboravamo per compilare le colonne e mio  marito diceva sempre: “Se vinco faccio la  casa a tutti”  e Elenio che era  piccolino diceva:  “Papà io voglio una chiesa” e mio marito gli rispondeva:  “Va  bene, ti faccio una chiesetta” . Il padre è sempre stato contento per lui,  Elenio è contento di essere sacerdote e noi siamo contenti della sua scelta. 
               Non eravamo dispiaciuti perchè  avesse scelto di andare in seminario ma solo per la mancanza, a noi i nostri  figli quando sono stati lontani sono mancati tanto. Quando insisteva per  entrare in seminario aveva solo 14 anni,  non avevamo niente in contrario ma  volevamo che lui capisse la strada che stava facendo, come se mi avesse detto  che a 14 anni si voleva fidanzare o sposare. Ne avevo parlato anche con Don  Piero.  
              Lui intanto andava in seminario e  continuava ad informarsi sul percorso che avrebbe dovuto fare. Io invece  prendevo tempo perché volevo che capisse il significato di quello che stava  facendo.  
              Un giorno mi ha detto che dopo  due anni al seminario minore sarebbe potuto entrare direttamente in teologia,  così un pomeriggio, mentre mi stavo riposando lui continuava a chiedermi: “ E allora mamma, mi fai andare? Posso andare da Don  Piero a dirgli che mi fai andare? Alla fine, non ce la facevo più e gli ho  detto di sì. 
              Don Piero quella sera è venuto a parlare con me e mio marito. Il  giorno dopo siamo andati con lui in seminario e ricordo che quel giorno era  molto emozionato.  
            Immagino che abbia fatto dei sacrifici per aiutare don Elenio nei suoi  studi, si sente ripagata?  
              Si, mi sento ripagata. Mio marito avrebbe fatto anche di più, quando gli prometteva che gli avrebbe comprato  un libro lo faceva sempre, è sempre stato così con tutti e tre i figli, era nel  suo carattere infatti come aveva detto don Piero durante la messa "Dio ama chi dona con gioia" e mio marito  donava con gioia. Mio marito era sempre pronto, voleva accontentare i suoi  figli e se non l’avessimo fatto, Elenio non avrebbe potuto studiare in seminario.  
            In questi anni ha mai pensato che suo figlio non avesse fatto la scelta  giusta? 
              Mai, è cresciuto con questa idea  e non ho mai pensato che volesse fare altro.  
            Lei ha realizzato l’abito che Don Elenio indosserà per l’ordinazione e  per celebrare la sua prima messa. Che emozioni ha provato? 
              Si ho realizzato io i due abiti,  quello dell’ ordinazione e quello per la prima messa. Il primo l’ho realizzato  senza problemi. Per il secondo ho eseguito il ricamo con l’aiuto di un'altra  persona, non sapevo da dove iniziare, avevo quasi paura di toccare il tessuto; l’ho  cucito inginocchiata, giravo attorno al letto dove avevo poggiato il tessuto,  temevo di rovinarlo, non riuscivo ad affrontare il lavoro. Ero molto  emozionata. 
            Che sacerdote sarà suo figlio? 
              Speriamo buono, bravo per lui  conta ciò che vuole Dio. Per lui, l’obbedienza è al primo posto. Quando lui è  partito in Germania, suo padre non stava bene ma anche noi abbiamo seguito lui  nell’obbedienza.  
            Perché crede che Dio abbia scelto suo figlio? 
              È un disegno di Dio, è un regalo  anche per noi, però non me lo so spiegare. 
               
                Cosa vorrebbe augurare a suo figlio, Don Elenio? 
              Tutto il bene possibile e di  essere un santo sacerdote. 
              
               
            È difficile stabilire  se qualcuno ha oppure no la vocazione sacerdotale? Come sapere se si è chiamati  al sacerdozio e come ci si accorge di avere la vocazione? 
              È sicuramente molto difficile  però ci sono tanti piccoli segni che fanno capire se un giovane è chiamato  veramente dal Signore, momenti di preghiera personale, la serietà, la ricerca  del Signore. È un camino che va fatto piano piano, anno dopo anno, giorno dopo  giorno, tutto è da mettere nelle mani del Signore e sarà lui e soltanto lui a  decidere se quella persona è portata per il sacerdozio oppure no. 
            Scegliendo di entrare in seminario e di diventare sacerdote Don Elenio  ha fatto una scelta per alcuni aspetti atipica rispetto a quelle che fanno i  giovani della sua età. È difficile oggi scegliere di diventare sacerdote? 
              Sicuramente si perché la società  di oggi è più portata alla cultura secolare, alla vita materialistica che a  quella spirituale Ne è prova che i seminari sono vuoti o semivuoti e che le  ordinazioni sacerdotali sono sempre di meno perchè i giovani trovano difficoltà  a rispondere alla chiamata del Signore.   Sono più attirati dalla vita mondana, dalla vita terrena, dalla carriera  che dall’essere sacerdote. Chi lo sceglie è veramente convinto e la scelta è  una risposta alla chiamata, di conseguenza deve essere convinto di lasciare i familiari, le  sue sicurezze per affrontare un cammino completamente diverso.  
            Cosa direbbe a un ragazzo che vuole diventare sacerdote e che comunque  vuole intraprendere il suo stesso cammino e quello che sta intraprendendo don  Elenio? 
               Innanzitutto di essere convinto della sua decisione e  di non pensare che sono soltanto rose e fiori, perché è una scelta di vita.   
              Questo non vuol dire scoraggiare ma presentare  la realtà così com’è; oggi essere prete è difficile perché ti devi confrontare  con certe realtà e certe situazioni a volte non facili. Deve essere preparato e  capace di rinunciare alla sua stessa vita, non avere orari ben precisi, a volte  mettere da parte la vita privata, gli amici e la famiglia.  
            Chi deve essere un sacerdote e che qualità deve avere? 
  Deve essere un uomo di Dio, che non sia soltanto  come dice l’arcivescovo, un funzionario.  
  Il sacerdote ama veramente nostro  Signore, Cristo per lui è tutto e deve essere capace di trasmettere tutto  questo agli altri. Deve essere uomo di preghiera e  un sacerdote santo, qualità non semplici  perché anche noi sacerdoti abbiamo i nostri limiti e le nostre debolezze;  deve subentrare la grazia del Signore,  dipende da Lui ma anche dalla mia capacità di dedicare tempo a Lui, alla  preghiera, alla vita sacramentale, alla vita di silenzio.  
  Altra qualità, necessaria oggi  più che mai,  è quella di comunicare,  sapersi rapportare agli altri;  il  sacerdote deve saper uscire dalla sacrestia e incontrarsi con gli altri soprattutto  con le realtà più gravose, i problemi di disagio, famiglie che vivono in difficoltà,  giovani che purtroppo cadono nell’alcolismo, nella droga, il problema della  disoccupazione.  Sono tutte situazioni  che molte volte il sacerdote non può risolvere perché non ha le capacità e i  mezzi però può essere presente, può essere vicino per dare una parola di  conforto e la speranza di poter superare questi momenti e andare avanti. 
  Un sacerdote deve essere quindi un  uomo, Dio in mezzo agli uomini, fare da tramite per facilitare l’ incontro con  il Signore. 
             C’è qualche episodio del cammino di Don Elenio che ricorda in modo  particolare? 
              Don Elenio ho iniziato a  conoscerlo bene negli ultimi due anni.  È   vero che gli ho dato il battesimo come  viceparroco però poi ci siamo persi di vista.  
              Un episodio particolare è stato  il giorno del diaconato, ero più emozionato io di lui ; è stato toccante, l’ultimo  gradino del cammino verso il sacerdozio. Quando gli ho messo la dalmatica mi  sono emozionato tantissimo. 
            Don Ignazio, lei ha battezzato Don Elenio e ora è di nuovo qui, come  parroco di San Pietro e lo accompagna in questa esperienza. Quali emozioni  prova? 
              Tantissime emozioni che mi fanno  anche tornare indietro a quello che è stato il mio cammino di seminarista, di accolito,  di diacono, di presbitero e quindi capisco la sua ansia, la sua emozione, il  suo nervosismo e anche le sue paure perché le ho provate prima di lui. 
            Cosa vuole augurare a Don Elenio per il suo futuro? 
              Gli auguro di diventare un uomo  di Dio, un uomo in mezzo agli uomini, che sia capace di portare la parola del Signore  a tutte le persone che incontra perché questa è la cosa più importante. 
              
            Leggi l'intervista a Don Elenio tratta da "Il Portico" Scarica  |