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3a Domenica di Quaresima: "Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo"

 

 

+ In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Lc 13,1-9

C'è un tempo massimo per convertirsi davvero
La terza domenica di Quaresima ci riporta al tema dominante di questo lungo periodo di preparazione alla Pasqua, che è la conversione. E' il Vangelo che ci richiama l'urgenza di questa conversione interiore che richiede anche dei tempi certi e non può essere un tempo indefinito. I segnali che ci vengono oggi, come al tempo di Cristo, dalle catastrofi naturali, dalle morti improvvise, dalle tragedie varie che registriamo nella nostra umanità dovrebbero essere un forte richiamo a cambiare direzione di marcia, cioè a immetterci in quel clima di conversione vera che ci porta a mettere al centro della nostra esistenza proprio il Signore e non altre cose della vita. A riflettere sugli ultimi drammatici eventi del mondo, quali il terremoto in Haiti, Cile ed altre tragedie anche nel nostro Paese, verrebbe da pensare che siamo verso la fine del mondo. Ma sappiamo che questa verità è conosciuta da Dio e nessuno può sapere con certezza quando questo accadrà. Una cosa è certa: che non saremo eterni su questa terra, arriverà per noi il giorno di sciogliere le vele e andare verso il cielo, dove ci aspetta il premio eterno alle nostre fatiche di vivere secondo il cuore di Dio. Ma c'è il rischio che di fronte alla morte, alla sofferenza di tanti nostri fratelli possiamo convincerci che noi siamo migliori degli altri e le tragedie siano punizioni di Dio nei confronti di alcune persone, nazioni, popoli e situazioni. Mai farci prendere da questa tentazione di considerarsi migliori degli altri o più santi degli altri, perché siamo stati salvati da simili drammatiche situazioni personali e collettive. Certo l'avvenimento del terremoto de L'Aquila dello scorso anno non dovrebbe farci poi pensare che siamo immuni o esenti da catastrofi naturali, in cui la responsabilità morale soggettiva non entra in gioco se non nella misura in cui abbiamo posto in essere delle situazioni in cui un evento si è potuto amplificare per nostra colpa o negligenza. Qui siamo a valutare altre e fondamentali questioni che ci vengono dalla parola di Dio. In primo luogo l'atteggiamento di chi è chiamato a darsi una regola di vita e a non dilazionare troppo una scelta radicale per il Signore. E' quell'appello alla conversione che viene dal testo del Vangelo. Convertirsi significa recuperare la fede dei nostri padri, a partire da quella mosaica, di cui parla il testo della prima lettura della parola di Dio di questa domenica, tratto dal Libro dell'Esodo: un Dio liberatore, un Dio che va onorato, un Dio che ama, un Dio che ha pietà del suo popolo e dell'umanità, un Dio delle vere e certe promesse. Il Signore, apparendo a Mosè nel Roveto ardente, comunica chi è e quale atteggiamento l'uomo deve assumere nei confronti di Dio, perché Dio sia davvero riconosciuto per Colui che è. Il Dio che si rivela a Mosè porta a compimento l'opera della redenzione con l'invio sulla terra del suo Figlio Gesù Cristo nella pienezza dei tempi. Nella seconda lettura di oggi l'apostolo Paolo richiama alla nostra attenzione la centralità di Cristo nella propria esperienza di vita umana e religiosa. C'è anche qui un appello alla conversione in ragione all'esperienza degli ebrei che non ebbero la gioia di giungere alla terra promessa perché si ribellarono a Dio nel deserto, mormorarono contro il Signore. Il cammino esodale non fu completato per tutti quelli che furono liberati dalla schiavitù dell'Egitto. Monito, quindi, per tutti noi che in questo cammino esodale siamo entrati con la Quaresima, la quale chiede una profonda revisione della nostra vita, o meglio un cambiamento radicale, focalizzando la nostra esperienza di fede su Gesù Cristo. Tutta la rivelazione veterotestamentaria, tutta la fede del popolo ebraico indirizza alla vera ed unica persona del messia e redentore che è Gesù Cristo. Quella fu una fase di preparazione: Gesù Cristo è l'attuazione e la conclusione della Nuova ed eterna alleanza sancita con il suo sangue sulla croce. Sia questa la nostra preghiera di conversione e rinnovamento interiore: "Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia".